giovedì 9 luglio 2020

GIOCO D’AZZARDO, DIPENDENZA , MALATTIA, PSICOPATOLOGIA


- Annalisa Pistuddi, psicoterapeuta, Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze, ASST Melegnano Martesana
- Jacopo Calderaro, studente L.M. in Psicologia, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento, Università degli Studi di Pavia

Il gioco d’azzardo presume una posta in palio, che siano soldi o valori, non ritirabili dopo la puntata e che si presume possano far ottenere qualcosa di più dell’entità puntata. E’ possibile che ciò avvenga senza destare alcun problema nel giocatore, che la sitauazione non degeneri in una dipendenza nè in un comportamento compulsive e perciò incontrollabile dall’individuo stesso.
Se il comportamento diventa disadattivo, ricorrente, persistente, che rovina le attività quotidiane, legate al ruolo sociale, famigliare, lavorativo lascia intravedere un problema di cui solo uno specialista può definirne l’entità.
Diversi studi e studiosi della psicologia, della psichiatria della clinica delle dipendenze hanno considerato diverse situazioni, variabili e diversi livelli di gravità. Spesso la storia del soggetto può aiutare a dare un senso al suo coinvolgimento in questa attività.
Difficilmente è il denaro la fonte della spinta o comunque lo si cita in quanto mezzo o illusione di giustificazione al proprio comportamento che ottiene sostanzialmente sconfitte e rincorse a colmare perdite.
Freud (1928) sostiene che il gioco compulsivo trovi le sue radici nel desiderio edipico d’amore per la madre e il decesso per il padre, quindi nel gioco l’individuo troverebbe una sorta di sollievo masochistico per il senso di colpa che lo opprime per aver desiderato la scomparsa del padre dalla scena. Il giocatore tenderebbe a giocare, soprattutto in fase di perdita, perché mosso da un masochismo inconscio che gli permette così di bilanciare il senso di colpa generato dal desiderio di eliminare il padre. Tra i contributi psicoanalitici sull’argomento ci sono le riflessioni di Rosenthal (1992) che riguardano il giocatore patologico. L’attrazione più forte del gioco pare essere l’imprevedibilità del risultato che spinge a giocare per controllare l’incontrollabile, come conseguenza di un senso profondo di debolezza, che potrebbe essere sconfitto. La funzione psicologica del giocare è di liberare dalle tensioni estreme con la ripetizione e l’anticipazione delle tensioni stesse, un modo che fa credere di controllare e gestire gli impulsi (Fenichel 1945).
Il desiderio inconscio di perdere (Bergler 1957) permetterebbe al giocatore di mantenere il suo equilibrio psichico; la ricerca inconscia della sconfitta e dell’umiliazione sarebbe un meccanismo difensivo per fronteggiare l’aggressività e il senso di colpa suscitati dalle limitazioni dei genitori e dalla loro imposizione del principio di realtà su quello del piacere.
I genitori non possono essere aggrediti apertamente in quanto figure necessarie alla sopravvivenza e non è possibile per il bambino gestire l’aggressività e il senso di colpa, che sono sentimenti che non possono arrivare alla coscienza perché sarebbero insopportabili. Per mantenerli quieti l’unico modo che il bambino ha è di rivolgerli contro di sé. Così il dolore, la punizione e la colpa vengono trasformati in piacere e ci sarà la tendenza a cercare situazioni punitive e penalizzanti.
In molti giocatori è presente un’organizzazione strutturale di tipo narcisistico, queste persone devono continuamente provare a loro stesse il proprio valore e le proprie capacità che considerano però sempre a rischio, ricorrono pertanto a primitivi meccanismi di difesa, quali la negazione, la scissione, la proiezione e ricostruendosi continuamente l’illusione di onnipotenza. Il narcisismo si colloca fra i disturbi di personalità e può manifestarsi con un funzionamento psichico che, per salvare a tutti i costi l'autostima perennemente vacillante, arriva a mettere in atto comportamenti a rischio a volte estremi.
Il giocatore può avere altresì una struttura di personalità nevrotica. Si sente fortunato, si illude di esserlo, e si sente spinto a provare e riprovare di volta in volta il destino e la sorte sperando di vincere. Le condotte ossessivamente ripetitive servono per ridurre l'ansia e la tensione interiore. La compulsività diventa invasiva fino a raggiungere lo stato di coazione. L'impulsività, la compulsività e l'ossessività si rintracciano come sintomi importanti di una schiera eterogenea di disturbi psichiatrici.
Una lettura psicopatologica del problema consente di rilevare che lo spettro dei disturbi impulsivi e compulsivi rappresentano gli estremi di un continuum che va dalla sovrastima del pericolo col suo fobico evitamento ad una ridotta percezione del rischio di determinati comportamenti e ad una spasmodica ricerca di situazioni nuove ed eccitanti. La condotta impulsiva definisce un modo di dire o di agire senza riflettere. Tutti i comportamenti umani possono anche avvenire all'insegna del'impulsività: giocare, lavorare, spendere soldi, mangiare, bere, guidare, fare sesso. Quando prevale l'impulsività l'individuo si espone a rischi particolari perchè esegue quelle condotte senza rifelttere e spesso in modo esagerato e spericolato. E' ricorrente il fallimento nel resistere e nel regolare desideri e impulsi. La "triade" sintomatica formata da impulsività, compulsività e ossessività connota frequentemente sia i disturbi di personalità, specie il tipo borderline, sia l'abuso di sostanze che i disturbi della condotta come il gambling patologico. (Nizzoli 2011).
Altri autori evidenziano la presenza di condizioni di comorbilità tra il gioco d’azzardo patologico e altri disturbi psicologici. Spesso sono presenti più di un disordine psicologico, per esempio i disturbi dell’umore (50% circa dei casi), la dipendenza da alcol e sostanze, le condotte suicidarie, i disturbi di personalità (Leisure e al. 1986, 1993; Hollander e al. 1995).
Una recente review rileva che sia i giocatori problematici che quelli patologici hanno tassi elevati per disturbi comorbili. (Felicity 2011). La più alta prevalenza media è stata riscontrata per dipendenza da nicotina (60,1%), seguita dal disturbo da uso di sostanze (57,5%), da disturbo dell'umore di qualsiasi forma (37,9%) e da disturbo di ansia (37,4%).
Questi dati considerano l'esistenza sia di un quadro famigliare pervaso da sofferenza, incapacità di introspezione dei componenti e di trasmettere un modello sano (Pistuddi 2009), inoltre suggeriscono di porre attenzione ad una diagnosi non solamente legata al contesto ma anche alla struttura di personalità dell'individuo affetto da dipendenza da gioco d'azzardo per la scelta della tipologia di presa in carico per la cura.
I modelli multifattoriali di approccio al problema, che vedono nell'incontro individuo-sostanza/comportamento-ambiente l'origine e il consolidarsi della condotta dipendente, mettono in luce il ruolo strategico della relazione educativa e della formazione in generale (CEI 2009).
Le persone che ricercano la sensazione rischiosa, i sensation seekers (Zuckerman 1994) presentano dei tratti di personalità ben definiti.
La propensione alla ricerca di avventura e del brivido, la disinibizione, una spiccata sensibilità alla noia, intolleranza e inquietudine non appena la si sente arrivare. Il bisogno di sensazioni forti è legato alla carica di eccitazione che esse generano, spesso in questo quadro sono correlati, anche in momenti diversi della vita, diversi comportamenti a rischio.
Ecco perché la propensione al gioco nei giovani adulti va considerata con la dovuta preoccupazione; spesso coloro che ne diventano dipendenti vivono in famiglie in cui è condiviso e sembra accettato il comportamento della ricerca del rischio e della vincita di denaro attraverso lotterie, oppure nei casi più preoccupanti i genitori sono abusanti o dipendenti da alcol, sostanze o gioco d'azzardo e non vivono la pericolosità del gioco per i propri figli.
Mentre le tossicodipendenze come ad esempio da alcol, da eroina e da psicofarmaci procurano ottundimento e per questo vengono ricercate, il gioco d’azzardo sembra teso verso la ricerca di un nuovo sé esaltato, vittorioso, potente e vincitore. La ricerca ossessiva sembra un’illusione narcisistica di un’immagine di sé migliore e trionfante da sovrapporsi ad un’immagine reale sentita spesso come svalutata.
La dimensione del gruppo dei giocatori ha un valore di contenimento rassicurante che, per le persone con una struttura di personalità più fragile soprattutto per i più giovani, è importante perché li aiuta a riconoscersi come parte di un tutto che li accetta proprio perchè nel ruolo di giocatori.
Un segnale di un comportamento a rischio è legato al vissuto di disconferma e disvalore che la persona sente quando è privo dell’oggetto, il gioco,  che sembra aver assunto quasi il ruolo di un oggetto transizionale illusorio, quell’oggetto che ha il potere di facilitare uno svincolo dalla situazione quotidiana reale vissuta in modo svalutato, dalla dipendenza dalla famiglia, da un Sé fragile e impotente.
Alcuni sperano di riuscire così ad emergere come leader nel gruppo, tentando un processo di individuazione che li riporta però alla situazione di dipendenza.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) ha incluso nell’ambito delle dipendenze anche il gioco d’azzardo, considerandolo un disturbo non correlato a sostanze, in altre parole un comportamento di addiction.
Si può parlare però di dipendenza da gioco d’azzardo quando sono presenti disagi alla vita quotidiana, sia relazionale e famigliare che lavorativa e la più moderna calssificazione internazionale parla, per la precisione di “Disturbo da gioco d’azzardo” con livelli di gravità differenti.
Il comportamento problematico dev’essere persistente oppure ricorrente e portare compromissione o disagio clinicamente significativi entro un periodo di 12 mesi. La condizione necessaria per la diagnosi è che devono essere presenti almeno 4 dei seguenti criteri. Fino a 5 criteri è considerato un disturbo lieve, da 6 a 7 criteri, di gravità moderata e se sono soddisfatti 8-9 criteri il disturbo è considerato di grave entità.
Il comportamento si può quindi considerare un distubo se presenta almeno 4 delle condizioni sottoelencate nel periodo di 12 mesi. Il soggetto:
-        Ha bisogno, per giocare d’azzardo, di qualtità crescent di denaro per ottenere l’eccitazione desiderata
-        È irrequieto o irritabile se tenta di smettere o ridurre di giocare d’azzardo
-        Ha fatto sforzi ripetuti e infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di giocare d’azzardo
-        È spesso preoccupato dal gioco d’azzardo (con pensieri persistenti che gli fanno vivere le esperienze passate di gioco d’azzardo, analizzare gli ostacoli e pianificare la prossima avventura, pensre ai modi di ottenere denaro con cui giocare d’azzardo)
-        Spesso gioca d’azzardo quando si senta a disagio (colpevole, indifeso, ansioso, depresso)
-        Dopo aver perso denaro al gioco d’azzardo spesso torna un’altra volta per ritentare e rincorrere le proprie perdite
-        Mente per occultare l’entità del coinvolgimento nel gioco d’azzardo
-        Ha messo in pericolo o perso una relazione significativa, il lavoro, opportunità di studio o di carriera a acusa del gioco d’azzardo
-        Conta sugli altri per procurare il denaro necessario a risollevare situazioni finanziarie disperate causate dal gioco d’azzardo
Se i sintomi sono continui e durano per più di un anno il disturbo si può considerare persistente, se sono presenti per mesi ma intervallati da periodi meno persistenti o in cui l’individuo non gioca, il disturbo può essere presente ma episodico.
Ciò non significa che sia meno dannoso o che non debba essere presa uin considerazione una cura. E’ consigliabile rivolgerisi a uno specialista, psicologo, psicoterapeuta, psichiatra esperto in dipendenze comportamentali al fine di avere un corretto parere diagnostico e un progetto di cura.
In Italia sono presenti nelle ASL i Servizi per le Dipendenze che sono gli ambulatori deputati alla diagnosi e alla cura del disturbo da gioco d’azzrdo. Sono altresì presenti specialisti che operano privatamente con una formazione e un’esperienza adeguate alla presa in carico di situazioni personali e famigliari compromesse dal disturbo da gioco d’azzardo.
Esistono anche iniziative di gruppi di auto aiuto portate avanti da ex giocatori che riescono a creare nel gruppo un clima emotive di reciproco sostegno e valorizzazione delle risorse di ogniuno. In genere si consiglia di frequentare questi gruppi contemporaneamente o in seguito a una cura specialitica.
Altre caratteristiche che supportano la diagnosi possono essere il pensiero distorto come superstizioni, idee di controllare gli eventi, negazione delle peridite, idea che sia il denaro la causa di tutto nella propria vita ma anche la possibile risoluzione magica di ogni problema.
Possibile che siano presenti caratteristiche di impulsività, competitività, problemi legati all’autostima tanto da rendere importante l’idea di potere e controllo sugli altri e di ottenere la loro approvazione attraverso il denaro.
Alcuni hanno caratteri chiusi, si isolano e il gioco favorisce questi stati, tanto da farli sentire indifesi, di cattivo umore o in colpa.
Il gioco problematico può colpire i giovani, gli adulti, gli anziani. Non c’è un’età che manifesta maggior rischio di compromissione, l’ambiente favorente è invece un fattore più favorente. Coloro che vivono in contesti in cui il rischio e la modalità dell’azzardo è condivisa sono più esposti.
Sembra che le donne inizino più tardi a giocare, che ricerchino situazioni di gioco in compagnia di altre persone, siano meno inclini a commettere furti, truffe ma che riescano a spendere in poco tempo tutto il denaro a loro disposizione, fino a trovarsi senza soldi per mangiare.
Gli uomini in genere iniziano in età più giovane a giocare, spesso in adolescenza, giocano anche da soli centrando la loro motivazione sul potere del denaro e dell’immagine di ricchezza. Sono più predisposti a procurarsi il denaro anche con mezzi illeciti, a ricorrere a prestiti e a rincorrere le perdite ad ogni costo.
Il comportamento legato al gioco d’azzardo diventa una dipendenza quando si arriva a non poter fare emotivamente a meno di quel comportamento perché fornisce un beneficio emotivo, permette di rimanere fuori dagli altri problemi, permette di non pensare ad altro che alle strategie di gioco ed è così che il comportamento compulsivo diventa stabile e si struttura nella vita del soggetto.
C’è da considerare che l’illusione di vincere è un motore molto potente perché legata ad un antico desiderio che persiste nel tempo, seppur si manifesti durante la vita in forme diverse dalle esigenze infantili, il desiderio di essere protetti.
Ci si illude anche perché non si è in grado di accettare la realtà deludente, ma con le proprie povere risorse si riesce solamente a costruirne una falsamente e momentaneamente appagante.
Tutti gli studi clinici sull’argomento sottolineano l’importanza di un aiuto specialistico per uscire dal circolo vizioso del problema, aiuto che si declinerà diversamente e che terrà in considerazione le motivazioni e le risorse dell’individuo e del suo contest di riferimento.

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