- Annalisa
Pistuddi, psicoterapeuta, Dipartimento Salute Mentale e
Dipendenze, ASST Melegnano Martesana
- Jacopo
Calderaro, studente L.M. in Psicologia, Dipartimento di Scienze del Sistema
Nervoso e del Comportamento, Università degli Studi di Pavia
Il gioco d’azzardo presume
una posta in palio, che siano soldi o valori, non ritirabili dopo la puntata e
che si presume possano far ottenere qualcosa di più dell’entità puntata. E’ possibile
che ciò avvenga senza destare alcun problema nel giocatore, che la sitauazione
non degeneri in una dipendenza nè in un comportamento compulsive e perciò
incontrollabile dall’individuo stesso.
Se il comportamento diventa
disadattivo, ricorrente, persistente, che rovina le attività quotidiane, legate
al ruolo sociale, famigliare, lavorativo lascia intravedere un problema di cui
solo uno specialista può definirne l’entità.
Diversi studi e studiosi
della psicologia, della psichiatria della clinica delle dipendenze hanno
considerato diverse situazioni, variabili e diversi livelli di gravità. Spesso
la storia del soggetto può aiutare a dare un senso al suo coinvolgimento in
questa attività.
Difficilmente è il denaro la
fonte della spinta o comunque lo si cita in quanto mezzo o illusione di
giustificazione al proprio comportamento che ottiene sostanzialmente sconfitte
e rincorse a colmare perdite.
Freud (1928) sostiene che il
gioco compulsivo trovi le sue radici nel desiderio edipico d’amore per la madre
e il decesso per il padre, quindi nel gioco l’individuo troverebbe una sorta di
sollievo masochistico per il senso di colpa che lo opprime per aver desiderato
la scomparsa del padre dalla scena. Il giocatore tenderebbe a giocare,
soprattutto in fase di perdita, perché mosso da un masochismo inconscio che gli
permette così di bilanciare il senso di colpa generato dal desiderio di
eliminare il padre. Tra i contributi psicoanalitici sull’argomento ci sono le
riflessioni di Rosenthal (1992) che riguardano il giocatore patologico.
L’attrazione più forte del gioco pare essere l’imprevedibilità del risultato
che spinge a giocare per controllare l’incontrollabile, come conseguenza di un
senso profondo di debolezza, che potrebbe essere sconfitto. La funzione
psicologica del giocare è di liberare dalle tensioni estreme con la ripetizione
e l’anticipazione delle tensioni stesse, un modo che fa credere di controllare
e gestire gli impulsi (Fenichel 1945).
Il desiderio inconscio di
perdere (Bergler 1957) permetterebbe al giocatore di mantenere il suo
equilibrio psichico; la ricerca inconscia della sconfitta e dell’umiliazione
sarebbe un meccanismo difensivo per fronteggiare l’aggressività e il senso di
colpa suscitati dalle limitazioni dei genitori e dalla loro imposizione del
principio di realtà su quello del piacere.
I genitori non possono
essere aggrediti apertamente in quanto figure necessarie alla sopravvivenza e non
è possibile per il bambino gestire l’aggressività e il senso di colpa, che sono
sentimenti che non possono arrivare alla coscienza perché sarebbero insopportabili.
Per mantenerli quieti l’unico modo che il bambino ha è di rivolgerli contro di
sé. Così il dolore, la punizione e la colpa vengono trasformati in piacere e ci
sarà la tendenza a cercare situazioni punitive e penalizzanti.
In molti giocatori è
presente un’organizzazione strutturale di tipo narcisistico, queste persone
devono continuamente provare a loro stesse il proprio valore e le proprie
capacità che considerano però sempre a rischio, ricorrono pertanto a primitivi
meccanismi di difesa, quali la negazione, la scissione, la proiezione e
ricostruendosi continuamente l’illusione di onnipotenza. Il narcisismo si
colloca fra i disturbi di personalità e può manifestarsi con un funzionamento
psichico che, per salvare a tutti i costi l'autostima perennemente vacillante,
arriva a mettere in atto comportamenti a rischio a volte estremi.
Il giocatore può avere
altresì una struttura di personalità nevrotica. Si sente fortunato, si illude
di esserlo, e si sente spinto a provare e riprovare di volta in volta il
destino e la sorte sperando di vincere. Le condotte ossessivamente ripetitive
servono per ridurre l'ansia e la tensione interiore. La compulsività diventa
invasiva fino a raggiungere lo stato di coazione. L'impulsività, la
compulsività e l'ossessività si rintracciano come sintomi importanti di una
schiera eterogenea di disturbi psichiatrici.
Una lettura psicopatologica
del problema consente di rilevare che lo spettro dei disturbi impulsivi e
compulsivi rappresentano gli estremi di un continuum che va dalla
sovrastima del pericolo col suo fobico evitamento ad una ridotta percezione del
rischio di determinati comportamenti e ad una spasmodica ricerca di situazioni
nuove ed eccitanti. La condotta impulsiva definisce un modo di dire o di agire
senza riflettere. Tutti i comportamenti umani possono anche avvenire
all'insegna del'impulsività: giocare, lavorare, spendere soldi, mangiare, bere,
guidare, fare sesso. Quando prevale l'impulsività l'individuo si espone a
rischi particolari perchè esegue quelle condotte senza rifelttere e spesso in
modo esagerato e spericolato. E' ricorrente il fallimento nel resistere e nel
regolare desideri e impulsi. La "triade" sintomatica formata da
impulsività, compulsività e ossessività connota frequentemente sia i disturbi
di personalità, specie il tipo borderline, sia l'abuso di sostanze che i
disturbi della condotta come il gambling patologico. (Nizzoli 2011).
Altri autori evidenziano la
presenza di condizioni di comorbilità tra il gioco d’azzardo patologico e altri
disturbi psicologici. Spesso sono presenti più di un disordine psicologico, per
esempio i disturbi dell’umore (50% circa dei casi), la dipendenza da alcol e
sostanze, le condotte suicidarie, i disturbi di personalità (Leisure e al.
1986, 1993; Hollander e al. 1995).
Una recente review
rileva che sia i giocatori problematici che quelli patologici hanno tassi
elevati per disturbi comorbili. (Felicity 2011). La più alta prevalenza media è
stata riscontrata per dipendenza da nicotina (60,1%), seguita dal disturbo da
uso di sostanze (57,5%), da disturbo dell'umore di qualsiasi forma (37,9%) e da
disturbo di ansia (37,4%).
Questi dati considerano
l'esistenza sia di un quadro famigliare pervaso da sofferenza, incapacità di
introspezione dei componenti e di trasmettere un modello sano (Pistuddi 2009),
inoltre suggeriscono di porre attenzione ad una diagnosi non solamente legata
al contesto ma anche alla struttura di personalità dell'individuo affetto da
dipendenza da gioco d'azzardo per la scelta della tipologia di presa in carico
per la cura.
I modelli multifattoriali di
approccio al problema, che vedono nell'incontro
individuo-sostanza/comportamento-ambiente l'origine e il consolidarsi della
condotta dipendente, mettono in luce il ruolo strategico della relazione
educativa e della formazione in generale (CEI 2009).
Le
persone che ricercano la sensazione rischiosa, i sensation seekers (Zuckerman 1994) presentano dei tratti di
personalità ben definiti.
La
propensione alla ricerca di avventura e del brivido, la disinibizione, una
spiccata sensibilità alla noia, intolleranza e inquietudine non appena la si
sente arrivare. Il bisogno di sensazioni forti è legato alla carica di
eccitazione che esse generano, spesso in questo quadro sono correlati, anche in
momenti diversi della vita, diversi comportamenti a rischio.
Ecco perché la propensione
al gioco nei giovani adulti va considerata con la dovuta preoccupazione; spesso
coloro che ne diventano dipendenti vivono in famiglie in cui è condiviso e
sembra accettato il comportamento della ricerca del rischio e della vincita di
denaro attraverso lotterie, oppure nei casi più preoccupanti i genitori sono
abusanti o dipendenti da alcol, sostanze o gioco d'azzardo e non vivono la
pericolosità del gioco per i propri figli.
Mentre le tossicodipendenze
come ad esempio da alcol, da eroina e da psicofarmaci procurano ottundimento e
per questo vengono ricercate, il gioco d’azzardo sembra teso verso la ricerca
di un nuovo sé esaltato, vittorioso, potente e vincitore. La ricerca ossessiva
sembra un’illusione narcisistica di un’immagine di sé migliore e trionfante da
sovrapporsi ad un’immagine reale sentita spesso come svalutata.
La dimensione del gruppo dei
giocatori ha un valore di contenimento rassicurante che, per le persone con una
struttura di personalità più fragile soprattutto per i più giovani, è
importante perché li aiuta a riconoscersi come parte di un tutto che li accetta
proprio perchè nel ruolo di giocatori.
Un segnale di un
comportamento a rischio è legato al vissuto di disconferma e disvalore che la
persona sente quando è privo dell’oggetto, il gioco, che sembra aver assunto quasi il ruolo di un
oggetto transizionale illusorio, quell’oggetto che ha il potere di facilitare
uno svincolo dalla situazione quotidiana reale vissuta in modo svalutato, dalla
dipendenza dalla famiglia, da un Sé fragile e impotente.
Alcuni sperano di riuscire
così ad emergere come leader nel gruppo, tentando un processo di individuazione
che li riporta però alla situazione di dipendenza.
Il Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) ha incluso nell’ambito delle dipendenze
anche il gioco d’azzardo, considerandolo un disturbo non correlato a sostanze,
in altre parole un comportamento di addiction.
Si può parlare però di
dipendenza da gioco d’azzardo quando sono presenti disagi alla vita quotidiana,
sia relazionale e famigliare che lavorativa e la più moderna calssificazione
internazionale parla, per la precisione di “Disturbo da gioco d’azzardo” con livelli
di gravità differenti.
Il comportamento
problematico dev’essere persistente oppure ricorrente e portare compromissione
o disagio clinicamente significativi entro un periodo di 12 mesi. La condizione
necessaria per la diagnosi è che devono essere presenti almeno 4 dei seguenti
criteri. Fino a 5 criteri è considerato un disturbo lieve, da 6 a 7 criteri, di
gravità moderata e se sono soddisfatti 8-9 criteri il disturbo è considerato di
grave entità.
Il comportamento si può
quindi considerare un distubo se presenta almeno 4 delle condizioni
sottoelencate nel periodo di 12 mesi. Il soggetto:
-
Ha
bisogno, per giocare d’azzardo, di qualtità crescent di denaro per ottenere
l’eccitazione desiderata
-
È
irrequieto o irritabile se tenta di smettere o ridurre di giocare d’azzardo
-
Ha
fatto sforzi ripetuti e infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di
giocare d’azzardo
-
È
spesso preoccupato dal gioco d’azzardo (con pensieri persistenti che gli fanno
vivere le esperienze passate di gioco d’azzardo, analizzare gli ostacoli e
pianificare la prossima avventura, pensre ai modi di ottenere denaro con cui
giocare d’azzardo)
-
Spesso
gioca d’azzardo quando si senta a disagio (colpevole, indifeso, ansioso,
depresso)
-
Dopo
aver perso denaro al gioco d’azzardo spesso torna un’altra volta per ritentare
e rincorrere le proprie perdite
-
Mente
per occultare l’entità del coinvolgimento nel gioco d’azzardo
-
Ha
messo in pericolo o perso una relazione significativa, il lavoro, opportunità
di studio o di carriera a acusa del gioco d’azzardo
-
Conta
sugli altri per procurare il denaro necessario a risollevare situazioni
finanziarie disperate causate dal gioco d’azzardo
Se i sintomi sono continui e
durano per più di un anno il disturbo si può considerare persistente, se sono
presenti per mesi ma intervallati da periodi meno persistenti o in cui
l’individuo non gioca, il disturbo può essere presente ma episodico.
Ciò non significa che sia
meno dannoso o che non debba essere presa uin considerazione una cura. E’
consigliabile rivolgerisi a uno specialista, psicologo, psicoterapeuta,
psichiatra esperto in dipendenze comportamentali al fine di avere un corretto
parere diagnostico e un progetto di cura.
In Italia sono presenti
nelle ASL i Servizi per le Dipendenze che sono gli ambulatori deputati alla
diagnosi e alla cura del disturbo da gioco d’azzrdo. Sono altresì presenti
specialisti che operano privatamente con una formazione e un’esperienza
adeguate alla presa in carico di situazioni personali e famigliari compromesse
dal disturbo da gioco d’azzardo.
Esistono anche iniziative di
gruppi di auto aiuto portate avanti da ex giocatori che riescono a creare nel
gruppo un clima emotive di reciproco sostegno e valorizzazione delle risorse di
ogniuno. In genere si consiglia di frequentare questi gruppi contemporaneamente
o in seguito a una cura specialitica.
Altre caratteristiche che
supportano la diagnosi possono essere il pensiero distorto come superstizioni,
idee di controllare gli eventi, negazione delle peridite, idea che sia il
denaro la causa di tutto nella propria vita ma anche la possibile risoluzione
magica di ogni problema.
Possibile che siano presenti
caratteristiche di impulsività, competitività, problemi legati all’autostima
tanto da rendere importante l’idea di potere e controllo sugli altri e di
ottenere la loro approvazione attraverso il denaro.
Alcuni hanno caratteri
chiusi, si isolano e il gioco favorisce questi stati, tanto da farli sentire
indifesi, di cattivo umore o in colpa.
Il gioco problematico può
colpire i giovani, gli adulti, gli anziani. Non c’è un’età che manifesta
maggior rischio di compromissione, l’ambiente favorente è invece un fattore più
favorente. Coloro che vivono in contesti in cui il rischio e la modalità
dell’azzardo è condivisa sono più esposti.
Sembra che le donne inizino
più tardi a giocare, che ricerchino situazioni di gioco in compagnia di altre
persone, siano meno inclini a commettere furti, truffe ma che riescano a
spendere in poco tempo tutto il denaro a loro disposizione, fino a trovarsi
senza soldi per mangiare.
Gli uomini in genere
iniziano in età più giovane a giocare, spesso in adolescenza, giocano anche da
soli centrando la loro motivazione sul potere del denaro e dell’immagine di
ricchezza. Sono più predisposti a procurarsi il denaro anche con mezzi illeciti,
a ricorrere a prestiti e a rincorrere le perdite ad ogni costo.
Il comportamento legato al
gioco d’azzardo diventa una dipendenza quando si arriva a non poter fare
emotivamente a meno di quel comportamento perché fornisce un beneficio emotivo,
permette di rimanere fuori dagli altri problemi, permette di non pensare ad
altro che alle strategie di gioco ed è così che il comportamento compulsivo
diventa stabile e si struttura nella vita del soggetto.
C’è da considerare che
l’illusione di vincere è un motore molto potente perché legata ad un antico
desiderio che persiste nel tempo, seppur si manifesti durante la vita in forme
diverse dalle esigenze infantili, il desiderio di essere protetti.
Ci si illude anche perché
non si è in grado di accettare la realtà deludente, ma con le proprie povere
risorse si riesce solamente a costruirne una falsamente e momentaneamente
appagante.
Tutti gli studi clinici
sull’argomento sottolineano l’importanza di un aiuto specialistico per uscire
dal circolo vizioso del problema, aiuto che si declinerà diversamente e che
terrà in considerazione le motivazioni e le risorse dell’individuo e del suo
contest di riferimento.
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