DIPENDENZA AFFETTIVA, DEFINIZIONI E MANIFESTAZIONI
di Annalisa Pistuddi e Uber Sossi
Uber Sossi,
analista filosofo, è laureato in Scienze della Formazione e specializzato
in Consulenza pedagogica e Pratiche filosofiche. Si
è inoltre formato in Psicosociologia delle organizzazioni ed in Counselling
sistemico costruzionista. Docente di psicologie del profondo presso Scuola Superiore di
Pratiche Filosofiche di Milano. www.scuolaphilo.it
E' tra i fondatori della Società di Analisi Biografica ad Orientamento
Filosofico (SABOF). Autore di testi e articoli nell'ambito della ricerca
psicosociale e delle Pratiche filosofiche, ha come aree tematiche di ricerca:
psicoanalisi e studi di genere, pratiche filosofiche e monachesimo orientale ed
occidentale, ermeneutica simbolica.
Il concetto
Le relazioni umane possono
avvenire in diversi modi, cambiare nel
tempo, possono essere caratterizzate da gradi differenti di dipendenza o
codipendenza dall’altro.
All'inizio di una relazione
affettiva, per esempio nell' innamoramento,
si instaura un rapporto stretto
di dipendenza, quasi simbiotico.
La dipendenza affettiva può
assumere dopo un certo periodo di tempo, una forma patologica di dipendenza. La distinzione tra amore intenso ed amore malato risulta
legato a diversi fattori: sociali, culturali, stadi evolutivi e condizioni di
vita.
Il fenomeno della dipendenza un
tempo era circoscritto alla dipendenza da sostanze stupefacenti o alcol.
In studi recenti si sono
evidenziati comportamenti che sconfinano
in rapporti problematici, per esempio alcune relazioni con cibo, internet,
gioco d’azzardo, sesso, lavoro, rischio
e affetti.
La dipendenza presenta precisi
sintomi psichici e comportamentali caratterizzati da tre fattori principali:
necessità di ripetere in maniera compulsiva
un comportamento di affezione e conseguentemente la perdita della
propria capacità di controllo; resistenza del comportamento nonostante i suoi
effetti disfunzionali sulle dimensioni della vita, con una intensa sensazione
di impotenza di fronte allo stesso; ossessione del comportamento stesso,
attorno al quale ruotano i pensieri e l’intera esistenza del soggetto.
La dipendenza affettiva (DA) è descritta altresì come un forte bisogno di
legame nei confronti di un oggetto da cui dipendere in maniera emotiva e
concreta a tal punto da sviluppare un attaccamento totalizzante e una grande
paura relativamente alla sua separazione.
Il soggetto con DA non si pone consciamente in ascolto dei propri bisogni,
ma il bisogno che esprime è quello di
gratificare il suo bisogno di dipendenza, pertanto apparentemente dedica tutto
sé stesso al partner e ai suoi bisogni, presunti tali da lui stesso.
La relazione affettiva appare dunque assolutamente carente di equilibrio e
reciprocità, ma in realtà anche il suo partner ha il bisogno inconscio di
mantenere tale equilibrio.
Il partner, infatti, instaura, in modo più o meno consapevole, un rapporto
intensamente strumentale, che può durare nel tempo fino a che una delle due
parti non è più appagata da quella modalità relazionale o trova in un altro
oggetto l'espressione più confacente alla propria patologia.
Diagnosi e significato
Il Disturbo Dipendente di personalità è definito, dai manuali
psicodiagnostici, come “una situazione pervasiva ed eccessiva di necessità di
essere accuditi, che determina comportamento
sottomesso e dipendente e timore della separazione”.
Sebbene il quadro caratteristico
della DA sia oggetto di numerose discussioni a livello scientifico, la
letteratura clinica indica che le caratteristiche del soggetto affetto da DA,
che corrispondono al profilo che il manuale internazionale declina per il
Disturbo Dipendente di Personalità:
·
prende con difficoltà decisioni personali, preferendo in tal senso
appoggiarsi all’autorità delle figure da cui dipende (genitore, partner, ecc.);
·
ha bisogno che altri assumano le
responsabilità relativamente ad alla sua vita (sia in termini pratici, quali le
finanze, la conduzione della
quotidianità, che psichici, quali la gestione delle emozioni);
·
esprime con difficoltà il suo disaccordo con gli altri per timore di
perdere la loro approvazione o il loro sostegno;
·
cerca di ottener l'appoggio e l 'aiuto degli altri
a tal punto da accettare l'inaccettabile o di fare cose anche sgradevoli;
·
nega le proprie opinioni ed i propri sentimenti per adeguarsi a quelli
delle persone che lo circondano ed in particolare dalla persona da cui dipende
affettivamente;
·
ha difficoltà nel progettare la propria vita e nell’attivarsi in maniera
autonoma;
·
si sente a disagio o indifeso quando è solo a causa del suo timore di non
essere in grado di far fronte alle cose;
·
quando termina una relazione o viene lasciato, cerca con urgenza un
rapporto sostitutivo che gli possa fornire assistenza e conforto;
·
è irrealisticamente preoccupato per la paura di essere lasciato in balia di
se stesso.
Il soggetto con DA pone al proprio partner
richieste affettive e pratiche consistenti e precise, tendendo a non sentirsi
mai amato in maniera sufficiente ed adeguata. In taluni casi giunge ad
aumentare tali richieste in modo esagerato ed incongruente, talvolta fino alla
definitiva rottura del rapporto affettivo da parte del partner.
La DA non necessariamente si manifesta
all’interno di una relazione di coppia, essa infatti può manifestarsi anche nei
confronti di un genitore o un altro familiare o ancora di una figura amicale o
di fronte a una persona d’autorità.
Alcuni studiosi hanno associato
la DA ad alcune particolari strutture della famiglia d’origine e
conseguentemente a vissuti relazionali precoci, quali fattori predisponenti
all’insorgere, a partire dall’adolescenza, di attaccamenti affettivi
disfunzionali.
Vengono così descritte famiglie
d’origine con legami invischiati o caratterizzate da relazioni fredde e legami
deboli; tali tratti concorrono nel
rendere difficile il raggiungere un sufficiente senso di fiducia ed
accudimento, producono comunicazioni e poco attente agli aspetti emotivi ed
affettivi. Si caratterizzano per assenza di figure di riferimento stabili ed
equilibrate, confusione dei ruoli, aggressività diffusa, fino a giungere, in
non pochi casi, a violenza tra coniugi e nei confronti dei figli.
Il quadro clinico della DA è
riconosciuto da poco tempo come patologico, si ipotizza per l'evoluzione socio-culturale della vita
famigliare, non più centrata, da qualche decennio, sulla necessità di
condividere spazi e attività lavorative e concorrere tutti all'andamento
economico della famglie allargata. Sembra degno di nota il manifestarsi oggi di
legami famigliari tendenti alla confusione dei confini di ruolo e generazionali
e spesso sintomatico di psicopatologia in comorbilità con la DA.
Coloro che ne sono affetti spesso
non si percepiscono dipendenti e tendono a sottovalutare i loro sintomi e
comportamenti, si rivolgono raramente ad un aiuto specialistico. In molti casi
cercano un aiuto per altri motivi, di natura fisica (classici disturbi
psicosomatici) o psichica (depressione, attacchi di panico, difficoltà di concentrazione, irritabilità) e
solo se entrano in contatto con uno specialista di dipendenze patologiche, dopo
un' attenta raccolta anamnestica e
un'acuta osservazione clinica, viene
fatta la diagnosi di DA.
La
co-dipendenza è stata descritta in un profilo di tipo clinico del Disturbo
co-dipendente di personalità ed indica i seguenti criteri diagnostici:
·
continuo investimento dell’autostima nella capacità di controllare sé e gli
altri nonostante l’evenienza di serie conseguenze negative;
·
assunzione di responsabilità per venire incontro ai bisogni degli altri
fino ad escludere il riconoscimento dei propri;
·
ansia e distorsioni del confine di sé in situazioni di intimità e di
separazione;
·
coinvolgimento in relazioni con soggetti affetti da disturbi di
personalità, dipendenza da sostanze, altra co-dipendenza o disturbi del
controllo degli impulsi.
Il caso
di co-dipendenza appare quando un soggetto con DA incontra e si lega ad un
altro soggetto con DA.
Si
manifestano complessi comportamenti relazionali che possono far si che si
instauri una relazione simbiotica, in cui entrambi i soggetti costruiscono un
pattern idilliaco della relazione dal quale escludono il mondo esterno oppure
una relazione faticosa e conflittuale in cui entrambi cercano di raggiungere
reciprocamente un controllo illusorio
sulla vita dell’altro.
Ogni
soggetto cerca di dimostrare, sia a sé che all’altro, tutta la sua capacità di
affetto ed accudimento e tenta, con
scarsi risultati, di costruire, sui suoi vissuti circa i bisogni dell’altro, la
propria autostima e il proprio valore.
In ogni
caso è bene ricorrere ad uno specialista al fine di comprendere meglio il
significato dei propri sintomi e del proprio malessere.
Qualora
si tratti di una prersona amica si consiglia di non fargli pesare la propria
condizione nè di dargli suggerimenti di comportamento perchè servirebbe a ben
poco, potrebbe anche sentirsi poco accolta.
La cosa
migliore per sè e per l’altro è di rivolgersi a un terapeuta, il quale potrà
suggerire il percorso più appropriato per ciascuno.
Non
esistono programmi prestabiliti da seguire, il progetto va costruito con il
parere dello specialista e l’apporto attivo del paziente.
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